Singeop, Guglielmo: «Proponiamo la geologia a scuola»

Rassegna Stampa

Emanuele Guglielmo è il presidente del Singeop, il Sindacato nazionale dei geologi professionisti. Settantuno anni. Sposato. Due figli. La moglie è un’ex imprenditrice nel campo della geologia.

Il Singeop è nato nel 1978. Vi aderiscono, è scritto nel sito del Singeop, “tutti i geologi che esercitano la propria attività professionale in forma libera o associata”. Recentemente questo sindacato ha raggiunto due importanti traguardi: il primo, con l’istituzione della commissione permanente contro il dissesto idrogeologico, d’intesa con l’ordine nazionale dei geologi e il ministero dell’Ambiente. L’altra iniziativa in corso è un centro studi finalizzato alla formazione e informazione dei funzionari dipendenti pubblici. L’obiettivo di quest’ultima iniziativa è anche quello di semplificare il rapporto tra il libero professionista e il funzionario di un ente pubblico.

Guglielmo è molto attivo nel suo settore. Lo intervistiamo telefonicamente per consentire ai nostri lettori di farsi un’idea più chiara su vari argomenti.

Dottor Guglielmo, il terremoto dello scorso 24 agosto, con epicentri nelle province di Rieti, Ascoli Piceno e Perugia, ci ha messo tutti di fronte al grande bluff di case e scuole che si pensava fossero costruite con criteri antisismici. Lei cosa pensa a riguardo?

Il mio sindacato, nella mia modesta persona che lo porta avanti, auspica una vera rivoluzione culturale. Bisogna uscire da questo oscurantismo e pressappochismo che non sta facendo altro che danni enormi. Di fatto c’è uno stato di carenza tecnica e scientifica relativamente alla scelta dei materiali, e a suoli che sono stati già cartografati e individuati come pericolosi.

Dunque, cosa ci vorrebbe in Italia per prevenire i disastri e i morti prodotti dai terremoti?

Dobbiamo mettere in campo, ognuno nella propria parte, quelle che sono le competenze finalizzate al benessere del cittadino.

Più in dettaglio?

In primo luogo pianificare tutto il territorio nazionale. Continuare a fare un lavoro in simbiosi che è stato più volte interrotto, quello di fare una cartografia aggiornata. Che è continuamente aggiornabile. Dobbiamo essere consapevoli di una scienza che in effetti è una continua ricerca di una verità mai assoluta. In secondo luogo dobbiamo essere presenti in modo capillare in tutte le realtà locali: provinciali, regionali e nazionali. Perché la sentinella, il vero conoscitore è il geologo. E guardi noi non è che dobbiamo dire è successa una frana qui anziché da un’altra parte. La frana è generata a monte. Non a valle. E’ l’effetto che noi subiamo. Ed è evidente che noi dobbiamo tenere sotto controllo e disciplinare gli interventi. E dove già l’equilibrio è precario non si possono aumentare ulteriormente volumi e pesi che generano di fatto uno scivolamento.

Dunque, cartografare il territorio, controllarlo e disciplinare gli interventi. Perché a monte c’è un problema di scienza intesa come ricerca permantente?

Esatto. Ed è questo il motivo per cui la nostra commissione, voluta dal Singeop ed approvata dal consiglio federale della Confprofessioni, è diventata “commissione permanente” contro il dissesto idrogeologico.

L’Italia è il Paese del dissesto idrogeologico. Secondo lei quali misure di prevenzione dovrebbero essere messe in atto?

Innanzitutto il monitoraggio continuo del territorio. Anche in relazione all’incidenza della continua evoluzione del cambiamento climatico. Perché bisogna anche pensare che il cambiamento climatico, così come è stato detto a Parigi lo scorso dicembre, ha un’incidenza grandiosa. In effetti dobbiamo renderci conto che tutto ciò che è stato statisticamente accertato fino a qualche anno fa non ha più ragione di essere. Per cui la prevenzione è nella ricerca, ripeto, di una verità mai assoluta. Noi non possiamo prevenire con una formula matematica perché la formula matematica non è altro che la conseguenza di una analisi di un fenomeno. E così come il medico usa lo strumento per indagare sul corpo umano, noi indaghiamo con una strumentazione elettronica sempre più avanzata da un punto di vista scientifico, che consente in effetti di prevenire in maniera più dettagliata rispetto a qualche anno fa. E poi non deve spaventare quando diciamo basta col costruire.

Ecco, Guglielmo, ci vorrebbe una pianificazione delle aree urbane ed extraurbane per impedire la costruzione di edifici laddove non dovrebbero essere costruiti. E per rimuovere le costruzioni abusive è giusto intervenire d’imperio?

Certamente.

E sarebbe giusto mettere in atto un vero e proprio piano sistematico finalizzato all’eliminazione di tutti gli edifici costruiti senza rispettare le regole?

Assolutamente sì. Io intendo per pianificazione un risanamento ambientale se l’ambiente è stato offeso dalla presenza di edifici che non potevano essere realizzati. La democrazia è fatta di regole. Se tu hai costruito in un’area sottoposta ad un vincolo ben definito, quel fabbricato va giù. Punto. Senza perdere tempo. Ma perché la velleità di avere ville romane di 200 o 500 metri quadrati? Ma lei si rende conto? Spazi inutili. Stupidamente inutili. Noi abbiamo bisogno per vivere, nel caso di una famiglia di quattro persone, di 70 metri quadrati!

Sempre parlando di territorio, lei avrà notato in giro per l’Italia questo proliferare, divenuto quasi incredibile, di pale eoliche? Lei che opinione si è fatto?

Le pale eoliche sono state un altro affare. Mi chiedo, ma la pala eolica, al di là di quello che è l’impatto ambientale, se non produce a chi ha fatto comodo? Hanno pensato solo ed esclusivamente ad attingere fondi per destinarli alla realizzazione di opere, come la pala eolica, che non ha ragione di essere. Dobbiamo chiederci che energia produce e a chi è utile quell’energia. Perché una percentuale di quei soldi sono stati tolti anche dalle sue tasche. Allora abbiamo esagerato. Poi abbiamo iniziato praticamente a farlo con i pannelli solari. Ma diamoci una frenata!

In tutto questo però, Guglielmo, il geologo viene ascoltato?

Noi non intendiamo dire “è così categoricamente”. Dobbiamo discutere con gli altri. Il geologo è sentito nel momento in cui c’è il timore da parte dell’esecutore. Perché per me l’ingegnere è un esecutore, è uno che in effetti progetta secondo l’indicazione che gli dò io. Ma d’altro canto scusatemi, la costruzione da che cosa è mantenuta se non dal terreno? Quindi devo essere io geologo a dire che cosa bisogna fare, quali sono gli elementi. E tu mi devi dire il tuo progetto che cosa prevede, quali sono i pesi che determineranno una certa incidenza sul terreno. Tu non puoi fare di testa tua. Allora bisogna una buona volta per sempre capire quali sono per ognuno di noi i limiti. Stabilendo insieme che abbiamo un unico obbligo che è quello di servire bene la società e il prossimo. Perché un bene come la casa è un bene permanente.

Dunque il geologo, molto semplicemente, viene prima perché la casa va costruita su un terreno.

Ma assolutamente sì. Bisogna innanzitutto pianificare. Dobbiamo capire che interesse hanno talune categorie, invece, a non voler pianificare. E’ necessario capire, stabilire, analizzare le cose. Perché sennò perdiamo tempo. Il cambiamento climatico non fa altro che aumentare il pericolo del dissesto idrogeologico. Dobbiamo renderci conto che la natura è lenta rispetto alle nostre velleità.

Cambiamo argomento. Il suo sindacato ha posto in essere delle iniziative importanti sul piano della formazione? Ce ne può parlare?

Noi veicoliamo in una certa direzione i fondi strutturali stanziati nell’ambito del programma europeo 2014-2020. Innanzitutto chiediamo al ministero della Pubblica istruzione di sfruttare la qualità del geologo e di cominciare a pensare una materia come la geologia anche nelle scuole superiori. Perché in effetti noi dobbiamo cominciare a capire che cos’è la geologia e quali sono i limiti di questa scienza. Il discente dovrà avere la possibilità di crescere culturalmente con la consapevolezza della natura, del creato, e di quali sono i limiti dell’uomo, e quali sono le forze della natura che ogni tanto si sveglia e ci punisce in maniera abbastanza eclatante.

Se si riescono a trasmettere questi principi attraverso la scuola, il futuro ingegnere sarà più consapevole che prima viene la terra e poi l’opera.

Esatto. Cominciamo quindi ad educare i giovani in tal senso.

Fonte: Dailygreen

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